
Le tecniche di condivisione proibite
Oggi non è tempo di link building, ma di uno dei nostri temi preferiti, ovvero la relazione tra social media marketing e politica.
I russi sono, da anni, i maestri indiscussi di questa particolare nicchia che si avvale della propaganda per veicolare il successo e/o l’affossamento di strategie nazionali e internazionali, di politici e di lobby scomode al potere.
L’Italia ha in Matteo Salvini e nel Movimento 5 Stelle i massimi esponenti nostrani, i quali hanno investito ingenti risorse per scalare le gerarchie dei vecchi partiti e ottenere il successo elettorale, come dimostrano le ultime elezioni Amministrative. Sfruttando tecniche di condivisione finalizzate ad aumentare l’engagment tra il largo bacino dei cosiddetti ‘analfabeti funzionali’ , che negli ultimi tempi hanno invaso le sponde Facebook, hanno raggiunto un tasso di gradimento elevatissimo e risultati inaspettati per due correnti acerbe a livello politico rispetto ai partiti storici. Da sottolineare che nella trappola della propaganda sono caduti anche molti altri profili, in particolare gente di centrosinistra, che negli ultimi tempi ha fatto dietrofront dopo alcune decisioni scellerate del governo, soprattutto sulla questione immigrazione.
In Catalunya, la sceneggiatura è pressoché analoga. La propaganda tramite social network ha permesso al movimento indipendentista di crescere in maniera esponenziale, sfruttando la spinta esercitata dagli harakiri del PP (impossibile dimenticare i fatti sconcertanti dell’1 di Ottobre 2017) e gli ‘investimenti’ erogati dai gruppi di pressione legati a Carles Puigdemont e alle associazioni pro-indipendenza (tra tutte, ANC e Omnium), dei ‘veri maestri’ del marketing.
La perfezione del piano marketing elaborato dal gotha dell’indipendentismo passa anche da alcuni gruppi facebook, all’apparenza pluralisti e democratici, ma in realtà promotori di messaggi xenofobi e di tecniche aggressive che possono essere comparate a quelle adottate nei Paesi Baschi ai tempi dell’ETA e in Italia ai tempi del fascismo.
La tecnica di condivisione maggiormente adottate dai gruppi propagandistici filo-indipendentisti è quella basata sulla denigrazione dell’essere spagnolo, sfruttando video virali di ‘personaggi’ con evidenti problemi socio-psicologici che si rendono protagonisti di gesta al limite del trash.
Ma andiamo al sodo.
Nella parte alta di molti post pubblicati su gruppi Facebook filo-indipendentisti noterete generalmente questa breve introduzione: “Així es España. Algú creu que aixó podria passar a Catalunya ???.” (Trad. “Così è la Spagna. Qualcuno crede che questo possa accadere in Catalunya“).
Al di là della pura demagogia sfruttata da numerosi mentor a caccia di analfabeti funzionali da arruolare nelle proprie fila, gli stessi gruppi o pagine si avvalgono anche della tecnica di segnalazione del presunto nemico, una strategia torbida che non ha nulla che invidiare ai metodi fascisti usati nella storia recente dell’uomo.
A tal proposito, vi allego un ‘pantallazo‘ che testimonia quanto anticipato sopra e che dovrebbe farci riflettere sul livello infimo che hanno raggiunto le strategie di condivisione dei contenuti su Facebook.
La descrizione del post è inquietante: “Questa donna è quella che ha distrutto l’omaggio a Rafael Casanova. Forse dovremmo iniziare a cercare di identificarla. Qualcuno sa come si chiama?”.
Non è la prima volta che i gruppi pro-indipendenza usano la tecnica dell’identificazione, già durante i disordini post 1 Ottobre si erano verificati casi simili.
Le “tecniche sporche” stanno prendo il sopravvento sulle strategie sopraffini di propaganda. Contenuti di natura xenofoba hanno maggiore impatto su una società debole e malleabile psicologicamente, e non è un caso che in tutta Europa movimenti populisti e neofascisti stanno riscontrando un notevole successo a livello di consensi.
Se vogliamo veramente bene alla nostra società (e alla Rete) dovremmo iniziare ad educare le masse a discernere la propaganda dalla corretta informazione. Senza un impegno comune di strutture esperte in comunicazione e esponenti dell’Unione Europea rischiamo di mandare al macero gli sforzi che sono stati compiuti negli ultimi 60 anni per abbattere le frontiere dell’odio e non fare distinzione del bianco dal nero, del rosso dal giallo, dello spagnolo dal catalano, dell’italiano dal maghrebino.